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Percorsi dell'Irredentismo e della Grande Guerra nella Provincia di Trieste


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di Fabio Todero

La città di Trieste fu da subito coinvolta insieme al suo territorio nella tragedia della Grande guerra, scoppiata nella torrida estate del 1914.
La città aveva potuto assistere a un macabro antefatto del conflitto quando, la sera del 1° luglio, nel golfo della città giuliana giunse la squadra navale che scortava le salme di Francesco Ferdinando, erede al trono d’Austria Ungheria e della consorte Sofia, assassinati a Sarajevo il 28 giugno. Il giorno dopo, di primo mattino, in un clima di lutto generalizzato, un corteo funebre accompagnò i feretri delle illustri vittime attraverso la città per raggiungere la stazione della Ferrovia meridionale; da qui sarebbe continuato il loro viaggio per Vienna, dove si sarebbero svolte le esequie ufficiali, e poi per Arstetten, loro ultima dimora.
Fu poi la volta della mobilitazione generale, che vide gli uomini di Trieste e del suo territorio avviati verso il lontano fronte galiziano e quello balcanico, mentre sin dai primi giorni di guerra si fecero sentire le conseguenze economiche e sociali del conflitto, aggravate dall’entrata in guerra dell’Italia, nel maggio del 1915.
L’avvicinarsi delle operazioni portò a una più ampia militarizzazione del territorio –il porto di Trieste era stato minato già nell’estate del ’14 – e anche il Carso triestino ne subì le conseguenze: la popolazione civile dei villaggi della cintura carsica più prossimi al fronte dovette abbandonare le proprie case; furono approntate opere di difesa; antichi manufatti furono trasformati in osservatori d’artiglieria; siti un tempo utilizzati da piccole comunità di cacciatori preistorici furono riscoperti quali improvvisati ospedali. Una consistente zona dell’attuale Provincia di Trieste fu trasformata in una fortezza naturale come il monte Hermada, contro il quale essa le truppe italiane furono reiteratamente e inutilmente mandate all’assalto. Altri luoghi come San Giovanni di Duino, dove il Timavo rivede la luce terminando il suo corso in gran parte sotterraneo, furono teatro di cruenti scontri.
Inoltre, un numero consistente di cittadini del Regno d’Italia abbandonò la città allora ancora austriaca, mentre sin dall’estate del 1914 un certo numero di giovani – e meno giovani – triestini e giuliani affascinati dall’irredentismo, avevano varcato il confine per arruolarsi volontariamente nelle file dell’esercito italiano, aprendo in diverse famiglie dolorose lacerazioni.
Il territorio della Provincia di Trieste ospita numerosi resti di quei drammatici eventi: trincee, camminamenti, cavità naturali e artificiali, e moltissimi sono anche i segni della memoria della Grande guerra: monumenti, cimiteri, lapidi, istituzioni museali, scuole e ricreatori dedicati a figure di volontari irredenti. Allo stesso tempo però quella memoria escluse dal ricordo collettivo la realtà delle migliaia e migliaia di figli di questo territorio, italiani e sloveni, che avevano prestato servizio nelle file dell’esercito o della marina asburgici, non di rado senza far ritorno dai fronti o dalle unità sui quali erano stati impiegati.
L’Istituto regionale per la storia del movimento di liberazione nel Friuli Venezia Giulia, grazie a un generoso contributo della Provincia di Trieste, in occasione del centenario dello scoppio della Grande guerra, ha così ritenuto di proporre alcuni dei molti possibili percorsi legati all’irredentismo – inteso come uno dei fattori che formarono parte dei giovani di questo territorio, inducendoli alla scelta del volontariato nelle file dell’esercito italiano – e al primo conflitto mondiale.